I primi a lasciare testimonianze sull’assistenza ostetrica sono i Sumeri, su alcune tavolette di argilla risalenti al 2000 a.C. raffiguranti scene inerenti al parto e alla maternità.
La maternità è considerata di supporto al processo vitale che dipende essenzialmente dalla figura maschile. Il parto è affidato interamente alle levatrici che devono avere dei precisi requisiti: aver superato l’età della menopausa, aver avuto figli, saper provocare l’aborto in casi di necessità ed essere in grado di ordinare medicamenti. Spetta a loro stabilire la vitalità del feto e fare diagnosi delle principali anomalie del parto. La loro preparazione è comunque molto ampia tanto che si occupano, oltre che di parto e nascita, di sterilità, di isterismo e altre malattie femminili.
Nell’antica Roma le obstetrices sono considerate anche medicae, per la loro conoscenza della farmacopea (codice farmaceutico). Tra le qualità caratterizzanti, devono aver avuto figli ed essere adulte. Con la caduta dell’Impero Romano si assiste ad un periodo di regressione per tutta la scienza medica. Nonostante ciò le levatrici riescono a mantenere il loro ruolo: una testimonianza di questo aspetto viene fornita dal testo "Gynaecia" di Muscione, scritto in epoca bizantina. Secondo quanto riportato, le levatrici devono conoscere le medicine, ed essere calme, prudenti, coraggiose, modeste e intelligenti poiché, oltre a prestare assistenza al parto, devono intervenire anche in tutti i casi di patologia femminile. Inoltre devono incoraggiare le partorienti tramettendo fiducia, rassicurandole che non vi è alcun pericolo e, per di più, insegnando a quelle che non hanno mai partorito e non hanno mai provato le doglie che, quando queste giungeranno, dovranno spingere verso il basso, trattenendo il respiro. Possiamo supporre che le levatrici di questo periodo basassero la loro pratica ed esperienza soprattutto sull’empirismo e sul buon senso.
Nel Medioevo si assiste ad una trasformazione del concetto di assistenza: le cure vengono sostituite da pratiche spirituali necessarie alla salvezza dell’anima. L’assistenza infatti è principalmente garantita da figure della chiesa. Oltre a queste figure religiose, esistono poi donne guaritrici, depositarie della tradizione delle cure e della virtù delle erbe. Tali figure costituiscono l’unica figura di riferimento del popolo povero e a partire dal 1200, subiscono una repressione da parte della Chiesa e dei suoi tribunali. Gli inquisitori credono che dietro ogni levatrice si celi una strega. Il sospetto di stregoneria e la diffidenza nei confronti delle levatrici rispecchiano l’angoscia e la paura di fronte alla nascita e al pericolo che i neonati muoiano prima di ricevere il battesimo.
Nel 1500 finalmente risorgono in Europa la medicina e gli studi anatomici, e in questo senso si profila la rinascita anche dell’ostetricia su base scientifica. Nel foglio 18 dei Quaderni di anatomia, per la prima volta nella storia della medicina, Leonardo rappresenta correttamente la posizione del feto nell’utero, con una precisione che rimarrà ineguagliata per più di due secoli. Ma l’apporto innovativo di Leonardo non finisce qui: per la prima volta, l’utero appare con una sola cavità, contrariamente alla teoria, risalente ad Ippocrate e fino ad allora rimasta immutata, secondo cui l’organo aveva due cavità. E sempre per la prima volta sono disegnate con esattezza l’arteria uterina e il sistema vascolare della cervice e della vagina.
Nel 1595 viene stampato in Italia il primo trattato italiano di ostetricia: “La Commare o Ricoglitrice”, opera di Scipione Mercurio articolata in tre libri (il parto normale, i vari parti distocici, le complicanze del post-partum), in cui non mancano indicazioni sulle caratteristiche della levatrice. Essa deve essere “esercitatissima et prudentissima nell’officio,(…) ma soprattutto sia timorata di Dio, non strega et ministra del diavolo, et (…) sia di buoni et honesti costumi et non ruffiana”. Nel 1500-1600 il ruolo della levatrice non è molto diverso da quello delle obstetrices dell’antichità : infatti non si occupano solo di parti, ma anche delle malattie delle donne e dei bambini, di bellezza e cosmesi, della sessualità e dei rimedi per numerosi disturbi della salute. La loro cultura si basa sulla capacità di comporre bevande e medicamenti, a cui si aggiunge anche un bagaglio di preghiere e invocazioni in cui sacro e profano si mescolano tra loro, insieme a pratiche dettate dall’esperienza e da residui di riti magici.
Nel 1663 Luigi XIV fa assistere clandestinamente ad un chirurgo il parto normale di Madame de La Vallière: nasce e si diffonde così la "Mode de l’Accoucheur" nell’aristocrazia e nell’alta borghesia parigina. I chirurghi ottengono dalla corte la possibilità di assistere i parti, e ben presto il simbolo del nuovo ruolo dei chirurghi e il vero strumento della loro arte sarà l’uso di strumenti chirurgici nell’assistenza al parto. Perciò con l’uso degli strumenti e della scrittura, gli accoucheurs si propongono come protettori della salute della donna e del neonato. Con il diffondersi della presenza dei chirurghi ostetrici, l’attività delle mammane viene sempre più delegittimata, tanto che la formazione delle levatrici verrà completamente curata dai chirurghi stessi.
nei primi anni del 1700, in Italia non sono ancora giunte le novità francesi in fatto di assistenza al parto. Si distinguono ancora levatrici urbane e tradizionali. Le prime sono specializzate e supervisionate dalle colleghe esperte, mentre le tradizionali, che operano nei piccoli paesi, non hanno alcuna preparazione specifica. Le levatrici possono godere ancora di ampia autonomia e sono governate da una superiora su cui né il medico né il consiglio cittadino hanno potere legale. La conoscenza e la competenza delle levatrici si basano su secoli di esperienza che viene tramandata perlopiù per via orale e con un’osservazione partecipante. A partire dal 1750 circa, l’elevata mortalità infantile e materna diventa la motivazione e il pretesto per approfondire e diffondere le conoscenze relative all’ostetricia, in modo da programmare e controllare la pratica e la preparazione delle levatrici. In questi anni le cose cominciano a cambiare, anche se solo nelle città: dalle prime scuole di ostetricia escono levatrici specializzate, competenti in parti normali e in emergenza, caso in cui quest’ultimo viene richiesta la presenza medica. Le ostetriche qualificate vivono presso le città, in quanto la vita in campagna è dura e per nulla remunerativa.
I contenuti e le modalità di istruzione delle levatrici cominciano a modificare l’ideologia del parto: da evento naturale e inserito nella quotidianità, diventa un fenomeno, la cui unica terapia è decisa dagli uomini di scienza. Nasce quindi un nuovo mestiere: l’antica arte della levatrice, fino ad ora indipendente dal mondo e dalla scienza, diventa dipendente dalla conoscenza della classe medica, creando quindi una professione specializzata in senso medico, anche se ancora unicamente indirizzata alle donne. La prima città d’Italia ad avere una scuola per levatrici è Torino, a seguire Bologna, Firenze, Verona, Milano, Venezia e così via. La cultura ostetrica prevede la fusione fra l’insegnamento teorico, affidato ai chirurghi, e il tirocinio pratico, rendendo obbligatoria una formazione scolastica per tutte le levatrici.
Nel 1906 viene istituita la “Condotta Ostetrica”, per garantire l’assistenza ostetrica a tutte le donne, comprese le non abbienti. Nel 1910 vengono istituiti gli ordini delle professioni sanitarie, ma vi sono compresi soltanto medici, farmacisti e veterinari. Le ostetriche hanno un'identità di categoria solo quando il regime fascista crea i sindacati fascisti di categoria e viene istituito un sindacato nazionale fascista delle levatrici. Il sindacato delle levatrici svolge i compiti di tutela e rappresentanza della categoria secondo i principi del sistema sindacale - corporativo ed inizia nel 1934 a pubblicare "LUCINA". Nel 1937, dopo lunghe polemiche, il titolo di levatrice viene sostituito per legge con quello di ostetrica e nel 1940 si provvede a fissare un nuovo regolamento per l'esercizio professionale delle ostetriche (il mansionario). L'assistenza ostetrica viene attuata prevalentemente a domicilio nella prima metà del secolo e successivamente sempre in modo maggiore presso gli ospedali dove la figura dell'ostetrica è subordinata a quella del medico ginecologo. Questo rapporto di dipendenza ha determinato nel tempo un cambiamento culturale che ha decentrato la donna nell’assistenza considerandola come soggetto passivo delle cure mediche.
Dalla seconda metà del ‘900 si cerca di attuare la grande sfida della moderna ostetricia, quella di riportare la donna e il suo bambino al centro delle cure, garantire la massima sicurezza con il minimo intervento, fornirle supporto e riscoprire “l’arte dello stare accanto”.
Nascono movimenti ideologici come la “nascita senza violenza” e “il parto attivo” che vogliono dare importanza alla storia individuale di ogni donna, rispettare i protagonisti del parto e sostituire la passività della donna con la partecipazione consapevole ed attiva alla nascita, aumentare l’autostima delle partorienti nelle loro competenze innate e non creare volontariamente un potere medico-ostetrico.
La storia della professione ostetrica è dunque segnata da profonde discontinuità che tracciano un percorso irregolare in cui fasi di relativa autonomia si alternano a periodi di dominio e di subordinazione; soltanto in epoche recenti, a seguito delle riforme sanitarie succedutesi in Italia a partire dagli anni ’90 del ‘900, tale figura riprende vigore.
In Italia il percorso formativo è in continuo cambiamento, viene revisionato e inserito all’interno del sistema universitario, un’evoluzione che porta ad una professione intellettuale più consapevole e basata su evidenze scientifiche, ma che conserva gelosamente le sue origini artistiche.